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Immagine del redattoreelisabettagazzola

Marlene Engelhorn e il "Guter Rat": un'occasione persa o un nuovo modo di fare filantropia?







Martedì scorso, la filantropa austriaca Marlene Engelhorn ha annunciato il lancio di "Guter Rat" ("Buon consiglio") un progetto ambizioso che coinvolgerà un gruppo di 50 individui nell'arduo compito di decidere come impiegare i 25 milioni di euro ereditati dopo la morte della nonna nel 2022. Engelhorn, discendente del fondatore della BASF, Friedrich Engelhorn, ha reso noto che questa iniziativa mira a ridistribuire la sua ricchezza in modi innovativi, evitando le tradizionali forme di filantropia. Il progetto “Guter Rat” riflette idee di giustizia sociale che Engelhorn porta avanti da anni: chiede da tempo che il governo austriaco adotti delle misure di redistribuzione della ricchezza più efficaci, tra cui la reintroduzione della tassa di successione. Qui trovate la notizia.

Il cuore del progetto consiste nel coinvolgimento di un gruppo eterogeneo di persone, riunite sotto l'emblema di “Gut Rat”, per discutere e decidere insieme come saranno indirizzati i fondi.

Lavorando nel settore della filantropia, non posso che accogliere in modo molto positivo l’attenzione che la notizia ha suscitato in tutto il mondo. E’ importante che si parli di filantropia, ed è inoltre affascinante vedere un esperimento in cui - a cittadini selezionati a caso – viene dato il potere di decidere come distribuire le risorse filantropiche.


Un recap veloce del modello filantropico scelto da Marlene Engelhorn:

#sta donando 25 milioni di euro (27 milioni di dollari) - che rappresentano la maggior parte della sua eredità - per combattere la disuguaglianza di ricchezza;

#sta assumendo 50 residenti austriaci diversi come gruppo di consiglio per guidare la ridistribuzione della ricchezza;

#ha assunto una società di ricerca per costruire una solida metodologia basata sulla scienza per costruire quel consiglio di 50 persone diverse;

#ha progettato una serie di linee guida, insieme alla società di ricerca, per stabilire alcune regole di base per il consiglio. (ad esempio, il denaro non può essere dato ad amici/familiari di membri del Consiglio, la selezione deve essere basata sulla scienza, il denaro non può essere dato a organizzazioni/persone che hanno dimostrato comportamenti anticostituzionali, ostili o disumani). Anche i membri del Consiglio lavoreranno su queste linee guida.


Siamo di fronte ad un'idea originale e a un modo evoluto di fare filantropia?

Alla base della scelta del modello filantropico, leggo il desiderio di trovare un approccio alla filantropia basato su principi democratici: la Engelhorn non sta creando una fondazione. Questa strada, dice, "dà ai ricchi un potere che non si sono guadagnati".  Inoltre, non avrà diritto di intromettersi e dando vita ai suoi principi di equità risponde ai dubbi: “Cosa dovrò fare se non mi piace? Dovrò adattarmi. È così in democrazia”.


Scegliere fra 50 persone a caso è un modo democratico di fare filantropia? Rinunciare al potere decentrandolo può aiutare a creare una società più giusta ed equa?


Il modello filantropico costruito da Marlene Engelhorn mi fa ripensare alla Participatory philanthropy” e alla “Trust-based Philanthropy” (trovate un approfondimento qui e qui), che considero modelli evoluti di filantropia.


Due approcci che hanno in comune la missione condivisa di ribaltare il presupposto secondo cui i finanziatori sanno meglio e di conseguenza, fidarsi dell’esperienza di coloro che sono più vicini alle questioni che la filantropia cerca di affrontare. Entrambi enfatizzano la collaborazione, la ridistribuzione del potere e il lavoro per l’equità sistemica. Entrambi sono basati sui valori, orientati al processo e guidati dalle relazioni nella loro filosofia ed etica generali. 


Nella pratica, la Participatory philanthropy e la Trust-based Philanthropy vengono spesso utilizzate insieme per creare un approccio alla filantropia più olistico. Sono diversi gli esempi di fondazioni istituzionali e familiari, che hanno iniziato attivamente a esplorare la filantropia partecipativa, trasferendo decisioni significative e potere alle comunità che servono.

Così come esistono esempi di filantropia decentralizzata, uno di questi che vi consiglio di approfondire è The Share Fund, un fondo istituito da Bill e Holly Marklyn, una coppia di Seattle che ha deciso di ridistribuire tutta la propria ricchezza nel corso della propria vita.


The Share Fund dimostra che affidare le decisioni alla comunità e decentrare il potere dai donatori alla comunità, può contribuire a creare una società più giusta ed equa. Il Fondo ha recentemente pubblicato un rapporto, Letting Go of Power, Centering Community, che riassume gli apprendimenti, i progressi e le sfide affrontate attraverso questo approccio, in cui i finanziatori hanno ceduto completamente il controllo ai membri del Comitato di finanziamento.


Pur avendo qualche riserva nell’approccio utilizzato, soprattutto nella scelta di 50 persone a caso, condivido pienamente il desiderio di Marlene di usare la sua ricchezza per combattere le diseguaglianze di ricchezza. Apprezzo il desiderio di voler costruire una responsabilità collettiva e la sua attenzione alla trasparenza. Io continuo però a chiedermi perché non ha scelto di impegnarsi in una causa in linea con i suoi valori, di fissare obiettivi ambiziosi e di investire strategicamente per generare un impatto positivo.


Credo che i filantropi abbiano un grande potere. Possono scegliere di non perseguire soluzioni collaudate, che difficilmente innescheranno cambiamenti sistemici. Possono invece scegliere di investire in iniziative dirompenti ad alto rischio, che hanno un potenziale più elevato per guidare il cambiamento trasformativo. Per questo motivo, forse avrei agito in modo diverso.


Marlene ci ricorda comunque una cosa importante: è tempo di mettere le risorse nelle mani di coloro che sono più vicini ai problemi che i filantropi vogliono affrontare.


Fonti:



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